di Tiziano Scarpa
I diari in rete fanno pena.
Sono autocensura giornaliera in pubblico.
Enormi spazi di espressione libera sprecati a raccontare fuffa.
Nessuno ha il coraggio di descrivere il trauma e la gioia di essere vivi.
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il risultato reale, dopo che ci siamo familiarizzati con Internet, dopo che abbiamo imparato a mandare e ricevere mail, leggere giornali in rete, usare google e visitare siti porno, è questo: adesso c’è uno sterminato pullulare di io, di diari, di persone spesso anonime, con un nomignolo di copertura, che parlano dei fatti propri, che sputano sentenze su qualsiasi cosa, che dialogano a tu per tu con il Papa, con Bush, con Kafka, che stroncano concerti d’avanguardia e film di cassetta …
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Miei cari blogger, datevi una scossa. E’ arrivato il momento di fare un salto di qualità, di intensità. Perché non mi raccontate qualcosa che vi costi vergogna, e dolore? Perché vi fermate sempre sulla soglia della camera da letto, come Liala? Sulla soglia del salotto, del bagno, della cucina, sulla soglia dell’aria aperta. Vi fermate sempre sulla soglia di qualcosa! Perché non mi raccontate i vostri conflitti duri, sul lavoro, in famiglia, a scuola?
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Che cosa state combinando? Devo pensare che il blog sia l’ennesima falsificazione? Che sia l’ennesimo meccanismo di rimozione collettiva dei traumi individuali?
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Finalmente esiste un mezzo che vi permette di ritrarre voi stessi senza filtri. Senza controlli. Senza compromessi. Avete in mano la Parola Diretta. Senza mediazioni. Senza mediatori. Approfittatene!
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O voi verbalizzatori del pochissimo! O voi narratori del quasi-niente! Tirate fuori le palle, diaristi, blogger! Tirate fuori i globi oculari dal torpido sacchetto palpebrale del vostro autocompiacimento! O vanagloriosi neoconquistatori di Spazi Liberi Preconfezionati! Cominciate sul serio a dire tutto quello che vedete!
Io vi sfido, diaristi minimisti!
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Bloggers donne! Mi rivolgo anche a voi. Mi sembra che, a giudicare dai commenti che vi lasciano in fondo ai vostri post, nessuno vi molesti. I tempi sono cambiati. Non è più come all’epoca delle chat, quando ogni desinenza in -a veniva subito assediata, concupita. Buon segno! Ma com’è allora che siete così guardinghe, così lesse? Pestate duro, diamine! Quand’è che vi deciderete a dirla, la vostra verità?
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Parole nobili, sensate. Ma troppo caute. Troppo moderate. Manca il rischio, l’oltranza, il tuffo nell’abisso, il volo verso l’alto, l’azzardo.
Sembra che proviate sollievo a toccare la scrittura per uscirne ogni volta indenni. Sembra che proviate piacere a stuzzicare il mostro per dirgli: scherzavo.
Avete piantato la tenda nel territorio della tigre, e passate tutto il tempo ad accarezzare gattini.
Forza, piccirilli! Coraggio!