Ciao sono Giacomo

LA MERAVIGLIOSA LETTERA DI GIACOMO ALLA SCUOLA ITALIANA 🇮🇹

Cara scuola,
ecco cosa mi manca di te
Sono Giacomo Bertó, ho 16 anni e frequento la terza liceo classico a Trento. In questi giorni di intontimento generale ho scritto una lettera come un innamorato alla sua amata: ho scritto una lettera alla scuola. Eccola.
Cara scuola, come stai? Spero meglio di come sto io. Di come stiamo noi. In molti si dimenticano di chiederlo, di interessarsi a cosa provano gli studenti. Quasi avessimo deciso noi di separarci da te, dalla normalità quotidiana. Invece, mai come ora che non ti abbiamo più, ti rivogliamo indietro. Ti rimpiangiamo. Troppo tardi? Spero di no. Ma quando ci rivedremo? Aprile? Maggio? Settembre? Cara scuola, sapessi come ti hanno rimpiazzata! La chiamano “didattica a distanza”. Al posto del professore uno schermo, una voce. Parlano e noi, connessione permettendo, ascoltiamo. Ma la testa gira, va via, come i giga e il collegamento. La lavagna non c’è più. Non c’è il mio vicino di banco. Tutto è tanto, troppo lontano. Riprovi a concentrarti, fissi lo schermo, cerchi un sorriso nella webcam. “L’apprendimento non può essere solo la somma di una quantità di nozioni, messe in fila; deve essere condivisione, coinvolgimento.” Lo dicono tutti. Ma come si fa così? E se non capiamo? Dove sono finite le alzate di mano? Gli sguardi dei prof, quelli dei miei compagni, il suono della campanella? Dov’è la mia bidella preferita? Le relazioni che fine hanno fatto? Cara scuola, prima ci lamentavamo delle troppe ore passate tra le tue mura, ora iniziamo quasi a sognarle. Ne capiamo il valore. Era questo che dovevamo imparare signor Virus? Ok, ora basta però C’è anche chi si fa problemi per la valutazione… il “programma”. Ma non era scomparso il “programma”? Non erano le competenze a contare ora? Quante ne dobbiamo tirare fuori, in questa tragedia? Chi pensa invece ad arginare il nostro smarrimento, la nostra paura? I numeri servono, ma tu, cara Scuola, tu sei molto più! Sei centro di aggregazione, luogo d’incontro di anime ribelli dai volti brufolosi, dove ognuno scopre il suo piccolo spazio. Sei una palestra dove le nostre teste crescono, si confrontano, dove ci si innamora, si sogna,si cresce. Non sei un edificio chiuso. Sei un mare di opportunità rubate. Siamo noi o sei tu scuola che devi adattarti a questa situazione? Per fortuna qualcuno ha capito che questo inarrestabile susseguirsi di drastici avvenimenti ha lasciato spaesati anche i ragazzi e le ragazze, i bambini e le bambine. Che anche noi stiamo perdendo amici e parenti, che anche noi non siamo felici di questi giorni, che sembrano tutti uguali. E no, non sono vacanze, mi piacerebbe fosse chiaro questo! Cara scuola, ci manchi… Mi manchi! Non ci siamo nemmeno salutati. Quest’anno niente lacrime degli studenti di terza media al suono dell’ ultima campanella: io ne avevo versate così tante con la mia mitica 3D! Rimarrà un vuoto dentro, mancherà l’urlo di liberazione allo scadere dell’ultima ora, gli abbracci con i prof preferiti, con i compagni, gli arrivederci e la consapevolezza che dopo tante fatiche verrà l’estate, avrà i nostri occhi… E ora invece, cosa verrà? Cara Scuola, non ci dimenticare. Prenditi, come sempre, cura di noi.

(Giacomo Bertò)

Capitano, il mozzo è preoccupato

Dal Libro Rosso di C. G. Jung

“Capitano, il mozzo è preoccupato e molto agitato per la quarantena che ci hanno imposto al porto. Potete parlarci voi?”
“Cosa vi turba, ragazzo? Non avete abbastanza cibo? Non dormite abbastanza?”
“Non è questo, Capitano, non sopporto di non poter scendere a terra, di non poter abbracciare i miei cari”.
“E se vi facessero scendere e foste contagioso, sopportereste la colpa di infettare qualcuno che non può reggere la malattia?”
“Non me lo perdonerei mai, anche se per me l’hanno inventata questa peste!”
“Può darsi, ma se così non fosse?”
“Ho capito quel che volete dire, ma mi sento privato della libertà, Capitano, mi hanno privato di qualcosa”.
“E voi privatevi di ancor più cose, ragazzo”.
“Mi prendete in giro?”
“Affatto… Se vi fate privare di qualcosa senza rispondere adeguatamente avete perso”.
“Quindi, secondo voi, se mi tolgono qualcosa, per vincere devo togliermene altre da solo?”
“Certo. Io lo feci nella quarantena di sette anni fa”.
“E di cosa vi privaste?”
“Dovevo attendere più di venti giorni sulla nave. Erano mesi che aspettavo di far porto e di godermi un po’ di primavera a terra. Ci fu un’epidemia. A Port April ci vietarono di scendere. I primi giorni furono duri. Mi sentivo come voi. Poi iniziai a rispondere a quelle imposizioni non usando la logica. Sapevo che dopo ventuno giorni di un comportamento si crea un’abitudine, e invece di lamentarmi e crearne di terribili, iniziai a comportarmi in modo diverso da tutti gli altri. Prima iniziai a riflettere su chi, di privazioni, ne ha molte e per tutti i giorni della sua miserabile vita, per entrare nella giusta ottica, poi mi adoperai per vincere.
Cominciai con il cibo. Mi imposi di mangiare la metà di quanto mangiassi normalmente, poi iniziai a selezionare dei cibi più facilmente digeribili, che non sovraccaricassero il mio corpo. Passai a nutrirmi di cibi che, per tradizione, contribuivano a far stare l’uomo in salute.
Il passo successivo fu di unire a questo una depurazione di malsani pensieri, di averne sempre di più elevati e nobili. Mi imposi di leggere almeno una pagina al giorno di un libro su un argomento che non conoscevo. Mi imposi di fare esercizi fisici sul ponte all’alba. Un vecchio indiano mi aveva detto,anni prima, che il corpo si potenzia trattenendo il respiro. Mi imposi di fare delle profonde respirazioni ogni mattina. Credo che i miei polmoni non abbiano mai raggiunto una tale forza. La sera era l’ora delle preghiere, l’ora di ringraziare una qualche entità che tutto regola, per non avermi dato il destino di avere privazioni serie per tutta la mia vita.
Sempre l’indiano mi consigliò, anni prima, di prendere l’abitudine di immaginare della luce entrarmi dentro e rendermi più forte. Poteva funzionare anche per quei cari che mi erano lontani, e così, anche questa pratica, fece la comparsa in ogni giorno che passai sulla nave.
Invece di pensare a tutto ciò che non potevo fare, pensai a ciò che avrei fatto una volta sceso. Vedevo le scene ogni giorno, le vivevo intensamente e mi godevo l’attesa. Tutto ciò che si può avere subito non è mai interessante. L’ attesa serve a sublimare il desiderio, a renderlo più potente.
Mi ero privato di cibi succulenti, di tante bottiglie di rum, di bestemmie ed imprecazioni da elencare davanti al resto dell’equipaggio. Mi ero privato di giocare a carte, di dormire molto, di oziare, di pensare solo a ciò di cui mi stavano privando”.
“Come andò a finire, Capitano?”
“Acquisii tutte quelle abitudini nuove, ragazzo. Mi fecero scendere dopo molto più tempo del previsto”.
“Vi privarono anche della primavera, ordunque?”
“Sì, quell’anno mi privarono della primavera, e di tante altre cose, ma io ero fiorito ugualmente, mi ero portato la primavera dentro, e nessuno avrebbe potuto rubarmela piu”.

Povera Italia

Povera Italia: ha trovato una Napoli e un sud che rispettano le regole e non l’avrebbe mai detto, infatti non lo dice.
Voi non diteglielo, le sofferenze del Covid-19 bastano e avanzano per tutti.
Non bastassero il Tocilizumab, Ascierto e i contagi zero del Cotugno.
Anche i napoletani comuni si sono messi in testa di comportarsi bene: dove andremo a finire?!
Povera Italia, vorrebbe raccontare una Napoli e un sud affollati ma niente, non riusciamo ad accontentarla.
Al sud l’epidemia avrebbe arrecato danni incalcolabili, dicevano, ricordate?
Il boom contagi però ‘’fortunatamente o sfortunatamente che dir si voglia’’ si è fermato a Roma, almeno così dice la tv.
Povera Italia, sfortunata come l’inviata di Agorà Elena Biggioggero nell’odierno Vomero deserto: ”non siamo fortunati, si stanno comportando bene, ma poco fa c’era passaggio intenso” dice, mentre le balle di fieno le ronzano alle spalle.
Povera Italia che alla Vita In Diretta sbircia nel panaro solidale alla ricerca dello scoop ma ‘’incredibilmente’’ vi trova uova e formaggio prima di dedicarsi alla memoria di San Giuseppe Moscati alias ‘’Moscardini’’per la lucidissima inviata di Rai1 sotto shock per il mancato scoop, evidentemente.
Povera Italia, stupita come Myrta Merlino che mai avrebbe pensato che ”un’eccellenza arrivi proprio da Napoli”.
Napoli, terra ”anche” di eccellenze per citare Mentana, pazzesco.
Povera Italia, di questa eccellenza non si da pace dalla prima del Fatto Quotidiano sugli assenteisti (fantasma) del Cardarelli.
Povera Italia che piange i suoi morti, il 10% di quelli mondiali sono Lombardi che ‘’escono per andare a lavoro a differenza del sud che è a casa perché lavora meno’’ come testimoniò la brillante Palombelli a ‘’Stasera Italia’’.
Povera Italia, dalle stelle della ‘’quarantena alla napoletana’’ di Libero alle stalle della deserta tangenziale di Napoli nel fine settimana di Pasqua.
Poi arriva #DeLuca e le da il colpo di grazia: chiede ai cittadini, entro il 18 Aprile, proposte per la ‘’Fase2’’ perché in Campania l’epidemia è sotto controllo e siamo quasi pronti a ripartire. Povera Italia.

Ridategli la folla della Pignasecca di metà Marzo altrimenti dalla pandemia di senso civico meridionale non ne uscirà mai.

la scuola è la priorità?

Sono giorni che leggo commenti, lamentele e disappunti sulla scuola. La chiusura troppo avventata, la riapertura troppo tarda, le lezioni virtuali troppo brevi, troppo lunghe, troppo poche, troppe. E i compiti? Troppi!!, Troppo pochi.
E gli esami? E le pagelle? E le interrogazioni? E le verifiche?
E le insegnanti? Troppo vecchia per stare al passo con le tecnologie, troppo giovane per capire le difficoltà di noi genitori a “gestire i compiti”.

Ci sta tutto..ma io VI chiedo.

E i BAMBINI?? I NOSTRI FIGLI dove li mettiamo?

Davvero pensate che in questo momento storico per loro e per noi la scuola sia la priorità?

I nostri bambini stanno sperimentando l’insegnamento della più spietata delle docenti.. la VITA. Sono stati catapultati in una guerra silenziosa da un giorno all’altro. Nemmeno il tempo di prendere i propri libri dal banco. A CASA. Fino a data da destinarsi. Niente più amici, niente ricreazioni, niente merenda condivisa, niente sguardi d’intesa e risate a crepapelle. Niente attesa al cancello alle 7.55, niente scambio di carte, niente rimproveri dell’insegnate tanto temuta e rispettata.
Niente orari scanditi.
La vita è sospesa. Ibernata.
-Per quanto tempo mamma? -non lo so amore.
-Cosa accade mamma? – dobbiamo stare a casa amore, perché in casa il virus non può arrivare e staremo al sicuro.
– mamma ma quando sarà pronto il vaccino? Mi manca la scuola, mi mancano gli amici.- Non lo so amore, ci stanno lavorando . Abbiamo menti fervide in Italia, presto troveranno la cura. Si, la CURA.

Ma il tempo passa. Passa la vita. Passano i compleanni, la Pasqua, gli anniversari.
Frastornati dalle emozioni che noi si, possiamo in qualche modo incanalare ed elaborare, ma loro NO. Non hanno strumenti per gestire la gioia di avere mamma e papà 24 ore a casa, e insieme ad essa il terrore per quello che sentono alla TV e che leggono sapientemente negli occhi di quegli stessi genitori. La felicità di questa “eterna vacanza” e la frustrazione della mancata condivisione di essa con gli amici di sempre.

Ecco.. soffermatevi un momento soltanto.

I nostri bimbi ricorderanno questo atroce 2020 per mille cose, che troveranno nei libri del loro futuro e in quelli dei loro figli. Non si ricorderanno certo delle ore di lezione virtuali in più o in meno.

E allora cari genitori.. accompagnate i vostri figli con tenerezza e supporto emotivo in questa silente battaglia. Sorvolate con leggerezza sulla loro vita e prima ancora sulla vostra.

E insegnategli che oggi, ESSERE VIVI, è una grande conquista.
E ditegli all’orecchio che il VOTO alla fine di questa brutta storia, sarà bellissimo. Il voto più alto che possano mai prendere in tutta la loro vita.

Giorgia Gismondi

La strada non mi basta

“La strada non mi basta.
lei che non finisce mai.
La notte non mi basta
io non la capisco mai.
Andiamocene un po’ più a fondo.
Che a stare in superficie
non ce la faccio più.
Trattieni il fiato.
E vieni giù con me.
Se non ce la fai a respirare.
Ti aiuto con un bacio.
Ogni cosa
è tante cose.
Ricapitolando
a volte
si vive molto meglio
non pensando.
Forse
si vive ancora meglio
passeggiando.
Vorrei ordinare un’altra sera come questa.
Quando ti va.
Tengo aperto il libro della vita.
Ti aspetto all’ultima pagina.”

(A. Faber)

Se ne vanno

“Se ne vanno.
Mesti, silenziosi, come magari è stata umile e silenziosa la loro vita, fatta di lavoro, di sacrifici. Se ne va una generazione, quella che ha visto la guerra, ne ha sentito l’odore e le privazioni, tra la fuga in un rifugio antiaereo e la bramosa ricerca di qualcosa per sfamarsi. Se ne vanno mani indurite dai calli, visi segnati da rughe profonde, memorie di giornate passate sotto il sole cocente o il freddo pungente. Mani che hanno spostato macerie, impastato cemento, piegato ferro, in canottiera e cappello di carta di giornale. Se ne vanno quelli della Lambretta, della Fiat 500 o 600, dei primi frigoriferi, della televisione in bianco e nero. Ci lasciano, avvolti in un lenzuolo, come Cristo nel sudario, quelli del boom economico che con il sudore hanno ricostruito questa nostra nazione, regalandoci quel benessere di cui abbiamo impunemente approfittato. Se ne va l’esperienza, la comprensione, la pazienza, la resilienza, il rispetto, pregi oramai dimenticati. Se ne vanno senza una carezza, senza che nessuno gli stringesse la mano, senza neanche un ultimo bacio. Se ne vanno i nonni, memoria storica del nostro Paese, patrimonio della intera umanità. L’Italia intera deve dirvi GRAZIE e accompagnarvi in quest’ultimo viaggio con 60 milioni di carezze…❤🙏”
RICEVUTO da Dott.Begher,pneumologo ospedale S.Maurizio.

Al sud …

Condivido con grande piacere la pagina condivisa da un caro amico medico

Al sud l’epidemia avrebbe arrecato danni incalcolabili, dicevano. Il vero problema in Italia non era il coronavirus ma il mezzogiorno, dicevano. Perché i nostri cittadini non rispettano le regole. Perché i nostri ospedali non erano all’altezza. Perché i nostri medici, infermieri ed operatori sanitari sono noti assenteisti cronici. Dicevano. Poi abbiamo creato un protocollo di cura, ma non era efficace, dicevano. Il protocollo ha iniziato a funzionare e l’hanno deriso, insieme al suo creatore, finché non è stato utilizzato in mezza Italia. Intanto altrove i contagi erano fuori controllo mentre qui, al sud, contenuti seppur preoccupanti ma era colpa del fatto che “noi” stiamo di più a casa perché non andiamo mai a lavorare. Dicevano. Poi arriva #SkyUSA e dedica un servizio all’ospedale Cotugno di Napoli descrivendolo così “mentre la velocità della tempesta virale ha colto tutti di sorpresa al nord, travolgendo gli staff medici, le cose in questo ospedale sono andate diversamente: i livelli di sicurezza ed organizzazione sono altissimi e tutti gli operatori svolgono i loro turni seguendo protocolli organizzati talmente efficienti da farne ospedale italiano modello, l’unico in Italia al 100% dedicato ai pazienti Covid-19 con zero contagi tra il personale medico e paramedico”. 1 Aprile 2020: ci confermiamo eccellenza internazionale e non è uno scherzo. È una splendida realtà.
Enrico Nappi.

Uno di loro (D.F.)mi ha detto a telefono poco fa : stiamo solo facendo quello che tutti dovrebbero fare .
L’umiltà dei grandi.

https://news.sky.com/story/coronavirus-the-italian-covid-19-hospital-where-no-medics-have-been-infected-11966344?fbclid=IwAR1q6acySrno6Th5NdVcaR2JDgvLnZTSi8EamnXJOJzJt6dIfN6IjGRWcSg

Ricapitolando

In pochi giorni abbiamo risolto il problema del traffico, dell’inquinamento, dello spreco di cibo, della ludopatia e dell’invasione dei migranti. Difficilmente staremo in futuro a litigare su quote 100 o di quando poter andare in pensione.

Miglioramenti sensibili anche sul fronte dell’evasione fiscale e della tranciabilità dei pagamenti (per giustificare le uscite di casa).

Abbiamo incentivato la digitalizzazione e l’alfabetizzazione informatica, dato forte impulso all’e-commerce, lanciato lo smart working e l’e-learning.

Abbiamo finalmente dato al calcio l’importanza che merita, aumentato la lettura dei libri e dei giornali, la visione dei film, riscoperto il piacere della sana cucina casalinga e del giardinaggio, ci siamo rivelati amanti dell’attività fisica e dell’aria aperta.

Siamo diventati più solidali, più socievoli e desiderosi di interagire con il prossimo. Quando suona il campanello il “e adesso chi cazzo è che rompe” è stato sostituito da una scossa adrenalinica.

Abbiamo responsabilizzato i cittadini all’osservanza delle norme e a non voltarsi dall’altra parte se vedono qualcuno che fa il furbo, abbiamo imparato a fare la fila in modo ordinato e a lavarci le mani.

Passiamo molto più tempo con i nostri figli e i nostri partner, forse entro un anno avremo pure risolto il problema demografico.

Abbiamo riabilitato gli scienziati e le competenze, spazzato via no-vax e complottisti vari, abbiamo disintossicato le trasmissioni di informazione dalle inutili liti da salotto dei politici.

Furti, rapine e altri delitti ridotti all’osso, traffico e spaccio di droga che hanno subito un tracollo.

Adesso ci resta solo da risolvere sta cazzata del coronavirus e siamo a cavallo.

Anno 2030…Nonno raccontami quando l’Italia divenne una nazione così bella !

E il nonno cominciò: ….era il 2020, dieci anni fa. All’improvviso una epidemia investì tutto il mondo, proveniva dalla Cina …ma era stata portata da altri, forse da militari americani…ma non si seppe mail la verità! L’Italia fu colpita prima di tutti in Europa, tanti morti, tutti chiusi in casa….paura, diffidenza, gli ospedali erano pieni di gente. Durò alcune settimane….fu dura…tanto! il governo dopo un primo momento di incertezza reagì bene, con forza e coraggio. Tutti gli Italiani dettero prova di grande esempio e spirito di sacrificio. Le persone riscoprirono il valore dell’aiutarsi a vicenda.
Purtroppo la chiusura delle fabbriche e di tantissimi negozi fu il vero problema che dovemmo affrontare. Una crisi spaventosa, alla quale non eravamo preparati. Chiedemmo aiuto all’Europa, all’epoca avevamo una Comunità …così si chiamava Comunità Europea. Doveva servire per fare un grande Nazione, come gli Stati Uniti. Ma altre Nazioni, come la Germania e l’Olanda….dissero che dovevamo fare da soli. Oppure dargli le nostre aziende, gli aeroporti, le autostrade, l’oro della Banca d’Italia…i nostri risparmi…ma come…dopo quello che avevano combinato, proprio loro!
E allora nonna cosa accadde…..?
Accadde che ci rendemmo conto che dovevamo fare da soli: il Presidente della Repubblica chiamò tutte le aziende e la Banca d’Italia emise un prestito solo per gli Italiani di 100 miliardi…. si chiamava SALVA ITALIA e doveva servire per risollevare le sorti del Paese. Successe l’incredibile… i politici rinunciarono ai loro stipendi per 6 mesi; tutti i dirigenti d’azienda fecero allora la stessa cosa……ed anche tutti coloro che potevano …..investirono la metà  dei loro risparmi…..quindi le aziende sane comprarono così tanti titoli che lo Stato Italiano raccolse 300 miliardi in poche settimane. A quel punto chiamarono un grande banchiere…un certo Draghi!
Con quei soldi, non solo superò la crisi del momento, ma ricomprò anche una parte del debito estero che avevamo. Diminuì le tasse per consentire di produrre a costi più bassi….Dopo 4 mesi appena, eravamo la Nazione più in forma del momento, mentre le altre ci stavano a guardare sperando che non ce la facessimo. Alcune aziende che avevano spostato le loro produzioni all’estero, come la Fiat, tornarono in Italia. A quel punto per far lavorare tutti diminuirono l’orario di lavoro così da non perdere il tempo da passare assieme alla famiglia. Il maggior fatturato consenti di ricomprare ancora i debiti che avevamo fatto negli anni passati.
Eravamo così orgogliosi di essere Italiani, furono anni di grande intensità  emotiva e riscoprimmo di essere un grande popolo, fortunato….perché vivevamo nel paese più bello del mondo !
Grazie Nonno …… domani me la ripeti ?
E’ una storia così bella !!!!!

(presa dal web)