Momo

ciao. Oggi sono serena. sarà che quando la notte è stata buia, così tanto buia come la giornata che l’ha preceduta il giorno seguente non può che concederti un pizzico di luce. Un po’ come quando tocchi il fondo: devi per forza risalire. Ho passato ore al telefono: tante voci, tante storie. E la mia? Nessuno che ascolti la mia. Ma va bene così. Quante sono le persone disposte ad ascoltare la tua voce? Un esercito, invece, parla e parla, a volte illudendosi di dire cose interessanti. Non è il mio caso. Ho la grande fortuna di ascoltare il più delle volte persone che mi affascinano. Quando avevo su per giù quattordici anni lessi “Momo”. Mi convinsi che mi sarei impegnata ad ascoltare quello che le persone avevano da dirmi. Chissà se ci sono riuscita. A volte mi ritrovo ad astrarmi mentre qualcuno mi parla, ma il più delle volte presto attenzione. E mi illudo di essere una Momo che siede ed ascolta. Ascolta.
Forse è davvero così: l’uscita dal microcosmo nel quale avevo deciso di starmene protetta ma che ormai avvertivo come una prigione mi ha procurato dolore. Lo scontro con le cose, con le persone, con quella che non credevo di essere o con quella che “ho voluto necessariamente essere” mi ferisce di continuo. Ma vado avanti, perchè forse per la prima volta nella mia vita sono convinta di qualcosa… Qualcuno ha scritto che “Non e’ mai troppo tardi per essere cio’ che avresti potuto essere.” era George Eliot e forse aveva proprio ragione.